Commento
su "Information Architecture" di Gerhald Schmitt
Preso atto
che con la sigla C.A.A.D., comparsa nel 1963 ad opera di Sutherland, si
è pervenuti ad una fusione tra il termine "architettura" ed il termine
"computer"; ritenuto che con il primo termine spesso indichiamo una disciplina
nella quale arte-scienza e tecnica si sono sempre mirabilmente fuse, fin
dai tempi più remoti, mentre con il secondo termine oggi si è
naturalmente portati a pensare più ad ua rete e ad un mondo digitale
congiunzione di realtà e di astrattismo, oggi risulta sempre più
agevole e più naturale pensare ad un futuro nel quale i due termini
non saranno solo associati, ma costituiranno un tutt'uno.
Questo tutt'uno
ha il suo perno nella certezza che il computer non sarà solo uno
strumento per programmare, progettare, costruire e gestire, ma il vero
medium per l'architettura del futuro, l'unico in grado di fornire ad essa
l'idea creativa, di supportarne il processo progettuale, costruttivo, realizzativo,
trasformativo e conservativo: tutto ciò perchè il computer
è oggi soprattutto informazione, scambio, comunicazione, e in quanto
tale è il principale agente modificatore della nostra realtà
ambientale, nella quale l'architettura costituirà la strada per
dare vita a cose concrete, insolite, fisicamente visibili.
Schmitt sostiene
che l'informazione potrebbe essere la "quinta" dimensione dell'architettura
così come per Giedion il Tempo ne era la quarta; questa nuova dimensione
è composta da quattro categorie di influenza o di utilizzo dell'informazione
nell'architettura:
informazioni presenti
nella mente del progettista
informazioni esterne,
intese come riferimenti formali
informazioni generatesi
durante il processo progettuale e costruttivo
informazioni da
raccogliere dopo una costruzione
L'utilizzo del
computer in architettura deve essere visto non solo ai fini di facilitatore
del lavoro umano, ma quasi come un socio con il quale lavorare dalla fase
ideativa a quella di mantenimento di una costruzione.
Il fine ultimo
è e resta il miglioramento qualitativo dell'architettura sia essa
volta ad adattare, riutilizzare, modificare gli elementi architettonici
già esistenti oppure volta ad ideare un nuovo habitat per l'uomo
del futuro, nel quale la città sorga nel territorio dell'informazione;
a tale proposito si rammenti la mostra tenutasi a Tokyo nel 1996 nella
quale Wenz e Gramazio presentano "Trace City".
E' implicito
quindi pensare che l'architettura nell'era dell'informazione necessiti
di nuove materie prime, saranno proprio le informazioni che avranno un
duplice ruolo di mezzo e di materia.
Nel contempo
la scienza-architettura ha modificato il suo codice espressivo, appropriandosi
di termini non suoi ma divenuti essenziali per la sua stessa efficienza:
sono i termini del mondo digitale.
Schmitt chiude
il suo testo con l'ipotesi di tre scenari futuri per l'architettura e l'urbanistica,
di essi sicuramente la 3° riesce più coerente, quella per la
quale la nuova civiltà di "netizen" vivrà in una dimensione
urbanistica migliore, non certo città virtuali ma città protette,
armonicamente inserite nella natura, concretamente architettoniche.